Il 28 settembre 2023, prima della proiezione di Billy, Emilia Mazzacurati, la regista, è intervenuta nella sala Medicinema Italia all’interno del Grande Ospedale Metropolitano di Niguarda. Intervistata dal prof. Andrea Chimento, docente universitario, giornalista e critico cinematografico, ha presentato il film, svelandone alcuni elementi inediti.

Da cosa nasce l’idea di questo film?

Siamo molto felici di avere con noi la regista di questo film, Emilia Mazzacurati. Un cognome importante per una regista esordiente. Questa è la sua opera prima. Classe 1995, è giovanissima. Da cosa nasce l’idea di questo film? Vuoi anticipare qualcosa della trama e della genesi di quest’opera?

Emilia MazzacuratiBilly nasce ormai 5 anni fa. Forse, come tutte le opere prime, ha una genesi molto lunga dall’idea iniziale, fino allo sviluppo, alla produzione, alla ricerca fondi e alla distribuzione. In tutto sono passati 5 anni. Lo spunto iniziale è stato quello del nucleo, molto piccolo, familiare, che è Billy. Billy che ha 9 anni e sua madre, Regina. E questo rapporto un po’ all’inverso che hanno, di un figlio molto adulto e di una mamma molto bambina. Questo è un tema che tornerà spesso in questo film che a me piace spesso chiamare “coming of age”, cioè un racconto di formazione.

Perché nel romanzo di formazione si racconta di una perdita dell’innocenza, invece in Billy si racconta di come riacquisire fiducia nella vita un passo per volta, attraverso un’esperienza. Un’esperienza rappresentata da questo personaggio esterno che a un certo momento arriva nella storia e che si chiama Zippo (e che è interpretato da Alessandro Gassman).

Quindi parte un po’ da questo senso di famiglia un po’ diversa e anche dal macrocosmo di provincia del Nord in cui è ambientata la storia. È questo quartiere di prima periferia di una città del Nord Italia che, nel film, assume un carattere fittizio, immaginario e che però, nella mia testa, riassume molti dei valori, dei colori, dei sentimenti e delle emozioni di un certo tipo di provincia del Nord, che è quella in cui sono nata e cresciuta.

Quanto c’è di te in questa storia?

Andrea ChimentoIn questo film vedo un’opera molto personale, molto sentita, molto toccante. Questo è un film fresco nel panorama italiano in cui sicuramente vi possono essere ispirazioni. Ma c’è un’idea originale e forte anche nel trattare la tarda adolescenza di questo personaggio di 19 anni. Volevo chiederti 2 cose: quanto c’è di te in questa storia, di tuo. E poi se ci sono anche delle ispirazioni specifiche per questo film che possono arricchire un po’ la visione.

La tarda adolescenza. Questa cosa di Billy, molto particolare: ha fatto un salto dall’infanzia all’età adulta quasi saltando quasi quella che è proprio l’adolescenza come la intendiamo tutti. Forse questo è il tratto che ho più in comune con lui: esperienza che ti hanno costretto a fare questo salto.

Infatti, Billy, che è un ex bambino-prodigio – che ha inventato questo programma podcast di musica – frequenta solo bambini di 8, 9, 10 anni, l’età in cui è stato un po’ meglio.

Poi, sicuramente, ad esempio Regina, la madre è molto ispirata a mia nonna, che era un po’ bizzarra e folle come lei. Sicuramente questo è un film corale, con molti personaggi. Si chiama Billy ma, attraverso la sua crescita ruota questo microcosmo di personaggi che abitano il quartiere. E ognuno di loro ha dentro di sé qualcosa di me.

È un film molto poco autobiografico nel senso della narrazione, della finzione, ma molto autobiografico nei sentimenti che racconta. Sono nascosti sentimenti miei in cose un po’ inventate.

Ispirazioni: credo che, come tutti, sia un mix di quello che ci forma nella nostra crescita, che poi esce in maniera un po’ inconscia e di riferimenti più chiari visivamente. Ad esempio, dentro di me c’è molto Hopper [Edward Hopper N.d.R.] per quanto riguarda la pittura, ma anche Luigi Ghirri per la fotografia, per questo senso della provincia del Nord, come quando vedi il luogo in cui si è nati e cresciuti con uno sguardo esterno.

E poi di film, ci sono sicuramente coming of age come American Graffiti, che però è un film molto notturno, come anche Billy, ma fatto di mezzi di trasporto in movimento, mentre Billy è fatto di mezzi di trasporto fermi. Billy passa molto tempo in questa roulotte abbandonata sul fiume. C’è una casetta-barca ferma, c’è un baracchino dei panini, una specie di camioncino roulotte.

Andando un po’ in avanti, negli anni ’80, c’è sicuramente Stand by Me, perché è il coming of age per eccellenza. Direi che ha fatto parte proprio di me. E poi, venendo più ai giorni nostri, c’è Boyhood di Linklater. Poi c’è un film che cito sempre ma che, in realtà, non c’entra niente con Billy, però ha un sentimento che è stato molto importante durante tutta la lavorazione: Fat city, città amara, di John Huston.

Le difficoltà a dare vita a un’opera prima

Questo è anche un film urgente per certi versi. Perché raccontare una certa età in maniera un po’ diversa da come siamo abituati a vedere al cinema mi sembra un tema che, nel cinema italiano di oggi, è anche di tanti nuovi autori. Mi viene in mente “Una sterminata domenica”, che è appena uscito. Sul tema dell’esordire, per provare a fare cinema, inizialmente, in fase anche di scrittura, produzione, post-produzione, ci racconti le difficoltà che ci sono – soprattutto per una ragazza giovane – a dare vita a un’opera prima?

Sicuramente credo che – vedendolo a posteriori – la cosa che mi ha creato più difficoltà è stata l’età. Nel senso di trovare qualcuno che si fidi e creda in quello che stai dicendo. È dura. Poi mi chiedono sempre di questa cosa dell’essere donna, però non l’ho avvertita così. L’ho avvertita molto più nell’essere giovane. Dall’inizio. Poi ho avuto la fortuna di avere questo produttore della Jolefilm che ha creduto in me. Quindi devi trovare qualcuno che creda in te in un certo momento perché fai molta fatica a credere in te costantemente ogni ora del giorno.

Anzi, dicono che, molto spesso, vi sono grandi alti e bassi. Poi, sempre tornando a quello che dicevamo prima sui sentimenti, sulle emozioni che uno prova e che sono autobiografiche, e che cerca di mettere dentro. E quindi è anche una grande giostra: vai molto giù e molto su, quindi avere qualcuno accanto è importante!

Poi ho cercato di creare, e – quando è stato il momento di girare – prima è stato complesso trovare i fondi. Trovare qualcuno che ti dica: “sì, mi fido”, anche se non hai già fatto film, se non sei nessuno, se “non sappiamo cosa farai”, è dura.

Da un lato anche giustamente, dall’altro c’è bisogno che in questo Paese i giovani abbiano occasioni. Poi invece, quando si è riusciti a mettere in piedi tutto, la troupe, ho cercato di avere un mix – giustamente la produzione richiedeva capi reparto, direttore fotografia, montatore, musiche che avessero esperienza. Abbiamo fatto un grande mix. Anche in Billy, anche nel film, ci sono molte età. E, anche dietro la macchina da presa, ci sono state molte età. Ho cercato di dare un’opportunità: per esempio, la scenografia l’ha fatta una ragazza che è poco più grande di mee che ha sempre fatto l’assistente. Dove ho potuto, ho cercato di far fare quel passo in avanti a chi lo voleva fare ed era da tanti anni che lo voleva fare.

Poi, ogni giorno, io rimango sul set la più piccola tra i miei bambini: entravo e dicevo “sicuramente tutti ne sapranno più di me”. Era così perché tutti avevano fatto molti film ed io neanche uno. Quindi è stata proprio questa, secondo me, la difficoltà più grande di tutte: rimanere fedeli a quella visione, a quella storia, a quell’urgenza che avevo avuto io. Il bisogno di raccontare questa storia.

È un po’ come quando ti svegli e hai fatto un sogno bello. E ti svegli e non te lo ricordi, però, in quel momento di semi-dormiveglia, cerchi di ricordartelo. Lo sforzo è enorme perché non sei ancora sveglio e non stai neanche dormendo. È uno sforzo, secondo me, complesso. Ed è lo stesso sforzo che devi fare ogni giorno con cento persone che ti dicono la propria visione, e tu devi tornare sempre lì in qualche modo.

Quindi, è stato un po’ questo e, allo stesso tempo, mettere ognuno nelle migliori condizioni, ognuno nel proprio reparto, ogni persona che lavorava nel film: mettere ognuno in condizioni di esprimere la propria visione, la propria arte e la propria artigianalità.

Billy, Mazzacurati, 28 settembre 2023